Archiviata la Pasqua, croce e delizia dei più golosi con le sue pastiere e le irresistibili uova di cioccolato, turpe attentato alla linea dei più fanatici, spunta nuovamente, e con la consueta puntualità, il problema della tanto temuta “prova costume”. In fondo è sempre la stessa storia: sensi di colpa che si ripresentano puntualmente in occasione delle feste, vane promesse e tanta palestra per rimediare alla deviazione indotta dalle grandi abbuffate e ai chili di troppo accumulati in pochissimi giorni. E di certo non aiutano gli spot pubblicitari di modelle ai limiti dell’anoressia che si rincorrono in tv magari a fine pranzo, contribuendo solo ad accelerare il nostro metabolismo per il nervosismo di un nuovo pasto abbondantemente consumato.
C’è che ci hanno inculcato l’idea che non si vive di solo pane – perché si ferma sui fianchi!-, né tanto meno di golose leccornie, nemico pubblico numero uno delle tanto invidiate taglia 38. E mentre i cataloghi e gli spot pubblicitari restituiscono, come silenziose pugnalate inferte a tradimento, le immagini di fanciulle beatamente piatte, da sfiorare l’invisibile, ci convinciamo che quelle sono la rappresentazione perfetta della donna ideale. E se dunque l’obiettivo era quello di promuovere l’ultimo due pezzi con i colori della prossima estate, o la sexy lingerie rivoluzionata dagli impercettibili dettagli, ciò che colpisce e inganna è solo una cosa: un fisico mozzafiato distante anni luce da quello di noi umane.
Immagini che rimangono scolpite nella mente. Ma se una volta il sogno proibito di ogni donna era proprio il prodotto sponsorizzato, adesso gli interessi sono mutati e le stesse campagne pubblicitarie calcano la mano manipolando i nuovi desideri femminili. Ancora troppo poche, invece, quelle che resistono con tenacia, insistendo sull’universo rosa senza deformazioni e distorte visioni della realtà, perché la bellezza non è assolutamente una questione di taglie.