Addio al tiramisù: la crisi dei ristoranti italiani inizia dal dolce

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Desta scalpore che in tempo di prelibate chiacchiere, da quelle politiche degli ultimi giorni a quelle forse più sane del Carnevale, a far notizia è piuttosto l’italianissimo tiramisù dal sapore forte e deciso. È, infatti, di questi giorni la notizia dell’imminente chiusura del ristorante trevigiano “Le Beccherie”, dove secondo la tradizione sarebbe nato nella metà del secolo scorso il dolce di biscotti, mascarpone, caffè e cacao più conosciuto al mondo. E questo – oltretutto – perché la città di Treviso nello scorso agosto ne aveva rivendicato la paternità, sostenuta nella sua causa per la certificazione della tipicità del celebre dessert anche dalla Regione Veneto.

Dunque a nulla è valsa la battaglia trevigiana iniziata nell’estate scorsa,  perché dopo ben 76 anni di “onorato servizio” chiude i battenti proprio il ristorante che diede i natali al tiramisù. Uno scacco alla tradizione e alla storia di un dolce e di una famiglia, quella Campeol, costretta a chiudere per adeguarsi ai tempi, tempi che corrono e che si materializzano in lounge bar, fast food e locali di cucina take away, che spuntano come funghi in ogni angolo delle città. C’è la crisi economica, ma non certo per loro, non per le grandi catene di fast food, non per i locali “mordi e fuggi”, e c’è in atto un cambiamento radicale, simbolo di un appiattimento della cultura gastronomica mondiale. Sempre minore è il tempo della pausa pranzo, sempre maggiori i ritmi aberranti che costringono al consumo di cibo spazzatura, comodo e pratico da trasportare. E quindi via i ristoranti, oggi come oggi troppo dispendiosi, e ormai non solo economicamente, e largo a pranzi consumati in strada tra una corsa e un’altra e agli immancabili tranci di pizza e ai panini al volo, …mentre sommersi dai frenetici impegni ci dimentichiamo che eravamo il Paese dello “stare comodamente a tavola”.