MILANO – L’Eurogruppo a Milano potrebbe essere ricordata come la riunione della svolta.
Per due ragioni. Innanzitutto, perché i ministri dell’Economia dei Paesi membri dell’Unione europea si sono trovati unanimemente concordi su un punto: è l’ora della crescita. Basta rigore. Il documento finale, infatti, definisce “una chiara priorità politica” l’impegno “per ridurre in maniera effettiva il carico fiscale sul lavoro”. La seconda ragione, probabilmente legata alla prima, l’ha enunciata il ministro tedesco dell’Economia, Wolfgang Schaeuble: “Siamo in un ambiente economico che richiede un rafforzamento degli investimenti in Europa, Germania inclusa”.
Per la prima volta, quindi, Berlino non preme sull’acceleratore del rigore ma chiede investimenti europei. Ciò, con ogni probabilità, in virtù dei dati macroeconomici di poche settimane fa, che davano in flessione l’economia francese assieme a quella tedesca. Proprio sugli investimenti dell’Ue si è consumata una polemica tra Matteo Renzi e Jyurki Katainen, vice presidente in pectore della Commissione. “Siamo tra i pochi a rispettare i vincoli del 3% – ha cinguettato Renzi -: quindi dall’Europa non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti promessi”.
Il numero uno della Bce, Mario Draghi, ha sottolineato che “la ripresa è fragile, ma proseguirà”. Ha poi rimarcato l’esigenza di “riforme più ambiziose: non vedremo una crescita significativa senza misure strutturali”. Il titolare di Via XX Settembre, Pier Carlo Padoan, ha affermato che “l’Italia rimarrà comunque sotto il 3%. Questo, nonostante la Bce ammetta che il quadro economico sia ora peggiore di sei mesi fa”.