Centosettanta chilometri di eccezionale risorsa per il territorio che nasce a Torella dei Lombardi in provincia di Avellino, attraversa il territorio dell’Alta Irpinia e parte della Basilicata per poi terminare la sua corsa in Puglia, nel mare Adriatico, tra Barletta e Margherita di Savoia.
Stiamo parlando del fiume Ofanto.
Si, questo silenzioso fiume che taglia la nostra terra quasi nascosto tra boschi, impervie insenature e che molto spesso è finito alla ribalta della cronaca soltanto per essere stato luogo di dolore a causa di alcuni incidenti mortali. Quasi come se l’Ofanto evocasse un infausto destino. Per molto tempo forse è stato così ma oggi in particolare, quando la risorsa acqua è diventata una miniera d’oro, sull’Ofanto si è concentrata una interessante attenzione rivolta alla sua valorizzazione.
Un esempio è il protocollo d’intesa verso il contratto di fiume dell’Alto Ofanto. Un’azione messa in campo dal Gal Cilsi di Lioni che ha coinvolto diverse amministrazioni comunali, associazioni e movimenti, in un piano di gestione e utilizzo della risorsa idrica.
Eppure, l’Ofanto per essere una vera potenzialità ha bisogno prima di essere valorizzato, di essere tutelato. Mi è bastata qualche piccola escursione per notare scarichi di materiale lungo alcuni tratti del suo corso, oppure acque non certo limpide arricchite da un gorgoglio di schiuma non certo naturale.
Per questo l’Ofanto ha bisogno per trasformarsi in una vera e propria potenzialità di un atto di responsabilità da parte di chi opera soprattutto sulle sue sponde ma soprattutto noi tutti dobbiamo comprendere che la risorsa acqua è elemento vitale per questa terra. Non rispettarla vuol dire non rispettare noi stessi.