L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno relativamente nuovo nella storia dell’uomo e questo mutamento epocale dell’epidemiologia sta determinando problemi mai affrontati prima sul piano sociale e sanitario. Il numero dei soggetti ultrasessantenni a livello mondiale ha raggiunto la cifra di 900 milioni, pari al 12% della popolazione, con una previsione di 2,4 miliardi nel 2050, pari al 21% della popolazione totale.
Si definisce “invecchiamento normale o fisiologico” quando, con l’avanzare dell’età, si assiste ad un cambiamento e a una riduzione di alcune delle principali abilità cognitive: attenzione, concentrazione, memoria, percezione, capacità di apprendimento e velocità di elaborazione delle informazioni; in tale situazione rimangono tuttavia generalmente stabili il linguaggio,il ragionamento, le abilità visuo-spaziali e il quadro di personalità. Molti di questi cambiamenti, infatti, cominciano a manifestarsi gradualmente a partire dai 40 anni e continuano fino alla morte.
Si parla invece di “invecchiamento patologico” quando la compromissione delle funzioni cognitive, comportamentali o della personalità, sono tali da determinare un’alterazione dello stato funzionale del soggetto con ripercussioni sull’autonomia e sullo svolgimento delle normali attività di vita quotidiana. Tra le patologie tipiche dell’invecchiamento, la principale causa di disabilità progressiva, nella maggior parte dei casi incurabile, nonché di stress nei caregivers, è la demenza.
I fattori di rischio della del deterioramento cognitivo riguardano principalmente:
- Una bassa scolarità,
- Un’alimentazione scorretta,
- L’obesità,
- L’ipertensione,
- L’iperlipidemia,
- Il diabete mellito,
- Il fumo,
- Il consumo di alcol,
- la deprivazione del sonno,
- L’utilizzo di psicofarmaci,
- La carenza vitaminica,
- La depressione,
- Una scarsa attività fisica.
Diversi studi hanno evidenziato anche una correlazione tra l’inquinamento atmosferico e maggiore probabilità di esordio della demenza.
Emerge, dunque, l’esigenza di approfondire i fattori protettivi che possano aiutare la persona a favorire una condizione di benessere in età avanzata.
- Svolgere esercizio fisico regolarmente è fondamentale in qualsiasi momento della nostra vita. Tenersi in movimento significa aiutare il nostro corpo e la nostra mente a mantenere un buono stato di salute. Proprio per questo motivo svolge un ruolo essenziale anche nel trattamento delle malattie neurodegenerative, come la demenza. L’esercizio aerobico, infatti, sembra avere ottimi benefici sia per rallentare il decorso sia l’insorgere della malattia.
- Anche una corretta alimentazione è necessaria. Diversi studi concordano nel dire che l’adesione alla dieta mediterranea riduce il rischio cardiovascolare, incluso il rischio di ictus, e questi effetti possono promuovere direttamente o indirettamente un minor rischio di demenza. Le diete in stile mediterraneo hanno un elevato contenuto di frutta, verdura, cereali integrali, fagioli, pesce, noci semi e includono l’olio extravergine d’oliva come importante fonte di grassi buoni che possono favorire il rallentamento del decadimento cognitivo.
- Un altro aspetto importante è l’apprendimento, da quanto il cervello è stato stimolato nel corso della vita. Le persone con più alta riserva cognitiva sembrano essere più protette nello sviluppo di un decadimento cognitivo rispetto a coloro che hanno una riserva cognitiva più bassa.
- Allo stesso modo, l’impegno sociale produce benefici diretti e indiretti alla salute. Infatti, questo tipo di attività promuove comportamenti salutari, riduce lo stress psicologico e fisiologico e aiuta a preservare la funzione cognitiva, contribuendo ad aumentare la stimolazione mentale.
Da qui emerge l’importanza del concetto di adattamento alla vecchiaia, inteso come un equilibrio fra “fattori di rischio” e “fattori protettivi”.
Se tali approcci preventivi venissero applicati sulla popolazione generale, sarebbe possibile ridurre in modo netto la prevalenza di disturbi cognitivi correlati all’età nei prossimi anni.