Lunedì 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica e nell’anno del Bicentenario dalla fondazione dell’Arma, andrà in onda in prima serata su RaiUno il film tv “A testa alta – I Martiri di Fiesole”, in cui è narrata la storia di tre carabinieri che nel 1944 a Fiesole decisero di consegnarsi ai tedeschi per salvare la vita di alcuni civili innocenti. Tre giovani che si sacrificarono per liberare l’Italia dalla morsa del nazismo. Il film è stato realizzato proprio per omaggiare questi uomini che hanno perso la vita per amor di Patria e immenso altruismo. La pellicola è prodotta da Rai Fiction in collaborazione con Ocean Productions e diretta da Maurizio Zaccaro, il quale gentilmente ci ha concesso questa intervista.
Il 12 agosto 1944, alla vigilia della Liberazione di Firenze, tre militi dei Carabinieri Reali si consegnarono ai tedeschi di Fiesole per salvare 10 ostaggi e subito dopo furono fucilati. Perché ha deciso di portare sul piccolo schermo questa tragica storia?
Innanzitutto perché è una storia che in pochi conoscono e meritava di essere raccontata. Quando me l’hanno proposta, ho analizzato il progetto e, come sempre capita in questi casi, si scopre qualcosa di bello e di importante da mettere in scena anche per un regista, per uno sceneggiatore che scrive la storia e per riadattarla, essendo una storia ambientata nel 1944, ovvero uno degli anni più caldi della guerra e del disfacimento di uno Stato.
Nel cast Ettore Bassi, Giorgio Pasotti, Giovanni Scifoni e Andrea Bosca. Ci può raccontare per quali motivi ha scelto proprio loro?
Abbiamo fatto un casting che è durato tutto l’aprile dell’anno scorso. Non abbiamo visto solo questi attori ma molti altri. Cerco sempre la forte adesione dell’attore al personaggio, quindi si tratta di un adattamento. I discorsi che si fanno in una fase di provino sono molto intimi e particolari. Quando ci si accorge che determinati attori fanno un percorso parallelo alla storia, ovvero si immedesimano nei personaggi che stai cercando, allora a quel punto sono loro gli attori più giusti.
A testa alta. Perché questo titolo?
Ammetto che non è molto originale come titolo. Ci sono tanti altri film con titoli simili, c’è un film americano con lo stesso titolo. A testa alta è la battuta conclusiva del mio film; viene detta da un giovane carabiniere che si pone dinnanzi un plotone di esecuzione e ai suoi commilitoni dice “A testa Alta”.
Il film verrà trasmesso in prima serata su rai 1 il 2 giugno, giorno della nascita della Repubblica, è stato un caso oppure è stato voluto?
No, non è un caso. Questo progetto nasce per celebrare il bicentenario dell’Arma dei Carabinieri ed è stato studiato questo progetto. Sai, un conto è raccontare i carabinieri nelle fiction televisive e altro conto è raccontare le vere storie che hanno poi fatto da esempio per generazioni e generazioni. Nel 1944, questi ragazzi hanno sacrificato le loro vite per salvare gli ostaggi che erano nelle mani di un tenente tedesco. Ci si dovrebbe interrogare su questa storia e non c’era data migliore della messa in onda che quella del 2 giugno.
Quest’anno si festeggiano i 200 anni dell’Arma dei Carabinieri, quale valore ha questa ricorrenza per lei?
Non ci si pensa mai che sono duecento anni che sono al servizio del cittadino. Nel film, raccontiamo una storia che più che definire un atto di eroismo, a me piace definire una storia normale e che si è evoluta in leggenda e che ormai è diventata un valore.
La storia dei martiri di Fiesole ha commosso generazioni intere, anche se sono in pochi a conoscerla, come mai secondo lei?
Innanzitutto perché se parliamo con i giovani di oggi, è naturale che non ne siano a conoscenza, così come non ne conoscono molte altre. Noi infatti cerchiamo di fare servizio pubblico proprio per far conoscere e diffondere le storie che meritano di essere raccontate. Questa dovrebbe essere la vera televisione, è anche quella che piace a me, ovvero una tv che in una serata come quella del 2 giugno cerca di offrire della cultura a chi non conosce queste storie.
Chi sono Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti?
Sono dei giovani ventenni con le loro passioni, le loro certezze, le loro utopie e le loro sconfitte, tipiche della gioventù di ieri così come quella di oggi. Sono molto moderni secondo me.
Cosa spera arrivi al pubblico con questa fiction?
Quello che spero sempre, ovvero di non deluderlo. Dietro a questo film, c’è un anno di lavoro. Normalmente lo spettatore non sa che dietro un’ora e mezza di film, c’è un lavoro molto intenso, anche perché non è semplice ricostruire un film ambientato in quell’epoca. Più che rappresentare una storia, preferisco sempre evocarla ed è quello che abbiamo cercato di fare.
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