Dall’Iran una storia di perdono che va oltre la religione

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Il vento del perdono soffia sull’Iran, e alla vigilia di Pasqua arriva dalla città di Royan una storia commovente di misericordia e di amore. Dietro un toccante “odi et amo” prende forma il clamoroso gesto di pietà di una mamma coraggio nei confronti dell’assassino del proprio figlio.

E così si scopre che il lieto fine non è più prerogativa delle sole romantiche fiabe, in quanto Balal Abdullah doveva essere impiccato per aver ucciso sette anni fa un suo coetaneo a coltellate durante una rissa in strada. Ma la madre della giovane vittima lo ha perdonato pochi istanti prima della sua esecuzione.

Un cappio al collo e una benda nera sugli occhi, la cieca disperazione e il gran terrore… è lo spettacolo consueto che si presenta ai curiosi accorsi ad assistere all’ennesima esecuzione, in un Paese dove vige ancora la pena di morte come pubblica esibizione. Ma la storia di Balal è una tragedia dall’epilogo positivo, perchè a salvarlo da quella morte certa è stata la pietà e la grazia di una madre ferita, a cui la legge islamica aveva dato carta bianca circa la condanna da infliggere all’omicida. Così dopo averlo raggiunto sul patibolo, la donna lo ha  schiaffeggiato e, con l’ausilio del marito, gli ha sfilato il cappio dalla testa, rendendo all’assassino di suo figlio una nuova vita.

L’emblematico caso di umanità e carità si concilia,  sì, con la nostra atmosfera pasquale, ma oltrepassa ogni confine religioso per approdare alla conclusione che solo l’amore, quello con la  “a” maiuscola, che sia verso il prossimo o verso se stessi, che sia cristiano o musulmano, guida  al perdono e vince su tutto.