INTERVISTA – A testa Alta: per il senso delle propria missione e per un mondo libero. Giovanni Scifoni è Fulvio Sbarretti

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Questa sera andrà in onda in prima serata su RaiUno “A testa alta – i martiri di Fiesole”.

Il film è ambientato nella Toscana del 1944, proprio mentre gli alleati stanno per liberare Firenze dai nazisti. Questi, però, si sono rifugiati tra le colline per organizzare una sommossa e bloccare l’avanzata del nemico. Un gruppo di carabinieri è nascosto in una caserma di campagna per aiutare i partigiani. Vengono però scoperti dagli uomini comandati dal tenente tedesco che intuisce il collegamento tra il comando e la Resistenza. I nazisti tendono così un agguato in cui perdono la vita un carabiniere e un partigiano, mentre il resto del piccolo gruppo riesce a fuggire verso l’Appennino nel tentativo di raggiungere la città toscana. Per cercare di impedire la fuga, i nazisti prendono in ostaggio dieci civili, minacciando di ucciderli brutalmente. Per liberarli pretendono che i carabinieri fuggiti si consegnino al comando della Wehrmacht. Si tratta di tre giovani, ovvero Alberto La Rocca, Fulvio Sbarretti e Vittorio Marandola. Si trovano a dover scegliere: essere liberi o morire seguendo il senso della loro missione. La loro scelta salverà dieci innocenti e resterà indelebile nella storia del Paese.

“A testa alta” vede in scena Giovanni Scifoni, Ettore Bassi, Andrea Bosca, Giorgio Pasotti, Alessandro Sperduti, Nicole Grimaudo, Marco Cocci e Johannes Brandrup, diretti da Maurizio Zaccaro (leggi l’intervista concessa in esclusiva a www.LaNostraVoce.info). Giovanni Scifoni, che interpreta Fulvio Sbarretti, ci ha espresso le sue impressioni su una storia che meritava di essere raccontata.

Dopo “La tempesta”, che faceva parte del ciclo di film “Purchè finisca bene”, il 2 giugno torni nuovamente in tv con “A testa alta”. Ci racconti quali sono i motivi che ti hanno spinto ad accettare questo ruolo?

Un sacco di motivi: una bella storia, sconosciuta quasi a tutti, un bellissimo personaggio, un ottimo cast, un regista esperto, un produttore appassionato e il piacere di farmi sparare addosso una scarica di salve da un generale nazista e poi andarci a pranzo insieme a mangiare i porcini alla brace. Che bel mestiere che facciamo.

Prima di questo film tu conoscevi la storia dei cosiddetti Martiri di Fiesole?

No assolutamente, ho chiesto in giro ad amici e conoscenti, anche toscani, nessuno la conosce. È una grande storia di eroismo che meriterebbe molta più fama. Per prepararmi sono andato all’archivio storico dei carabinieri (ogni tanto mi piglia di fare l’attore secchione che si documenta prima di andare sul set), e ho scoperto cose interessantissime, contrarie a gran parte dell’opinione comune riguardo alla resistenza. Tutti pensano che le brigate partigiane erano composte essenzialmente da civili, studenti e contadini, e la vulgata giunta fino ad oggi ci ha raccontato che erano tutti comunisti. Non è così, la maggior parte erano militari, tra cui moltissimi carabinieri. Quasi nessuno sa che il giorno prima della razzia del ghetto di Roma i nazisti hanno deportato nei campi di concentramento più di 2000 carabinieri perché temevano che avrebbero contrastato le operazioni della Gestapo.

Quale personaggio interpreti nella pellicola?

Sono Fulvio Sbarretti, uno dei tre martiri. Un personaggio traboccante di umanità. È innamorato della sua fidanzata, vuole diventare papà, non pensa ad altro. Mi piace sempre interpretare personaggi distratti, che hanno un pensiero costante che li porta lontano dall’azione che si svolge in quel momento. È proprio questa distrazione che li rende umani, veri. Perché nella realtà non siamo mai troppo concentrati in quello che facciamo, la testa ci porta sempre da qualche altra parte, non riusciamo mai a vivere il Kairos, l’attimo, il tempo opportuno. Solo i bambini ci riescono appieno, basta guardare un bambino orfano che gioca a calcio, in quel momento non pensa ai suoi drammi, vuole solo fare goal. Ma per gli adulti purtroppo è diverso. Siamo distratti. La vita presente è solamente un coinquilino delle nostre preoccupazioni, dei nostri sogni, dei nostri desideri. Ogni volta che studio un personaggio cerco sempre qual è il suo elemento distraente, e lavoro soprattutto su quello. E quando sei in guerra le distrazioni te le cerchi come l’acqua. Fulvio Sbarretti è distratto dall’amore, ma quando deve prendere la scelta più grave della sua vita improvvisamente diventa concentratissimo, e insieme ai suoi compagni compirà la scelta più costosa, il sacrificio, proprio perché vuole essere padre, compie una scelta da padre, che vuole consegnare a suo figlio un mondo libero e pulito, anche se lui il figlio non ce l’avrà mai.

Il film verrà trasmesso in prima serata su Raiuno il 2 giugno, giorno della nascita della Repubblica. Che significato ha per te?

È un grande onore. Una delle cose belle di questa mia professione è che ti permette di entrare nella storia, nelle ricorrenze, nei riti che fanno grande la nostra civiltà.

Cosa speri arrivi al pubblico con questa nuova storia?

Spero che guardando questo film le persone abbiano voglia di credere nell’Italia e negli italiani, spero che capiscano che i luoghi comuni e i vittimismi sui disastri che viviamo servono solo a consolidare i problemi e a sbriciolare le macerie. Il grande Giorgio La Pira diceva: “Sei sulla barca e un colpo di remo lo dai inevitabilmente anche tu, e se la barca affonda, affondi tu. Se la barca giunge in porto, giungi in porto anche tu!”. E inoltre spero che sia brutto tempo così la gente resta a casa a guardare la tv. E sembra che sarò esaudito.