Come da copione la scena che precede le decapitazioni dell’Isis si presenta sempre la medesima: due uomini, uno occidentale inginocchiato e vestito alla maniera dei prigionieri di Guantanamo, l’altro con il viso coperto e indosso una veste nera come la pece. A inghiottire il macabro rituale – secondo nuove rivelazioni – le colline siriane, una terra arida, bruciata dal sole, spoglia. Sterile proprio come chi strumentalizza l’Islam in nome di una guerra santa contro gli infedeli, di una violenza religiosa e una barbarie anti-occidentale.
Le decapitazioni però sono solo l’ultima ruota del carro. L’ossessione religiosa è la vera miccia che, basata su un’interpretazione letterale del Corano, diventa il credo malato degli estremisti jihadisti. Nel nome di Dio – ma quale Dio può volere una simile pazzia! – inneggiano alla morte e allo sterminio, manipolando e politicizzando quella religione stremata da tante antiche battaglie per sottometterla ai propri spietati interessi. Il tutto rifuso in una ideologia della violenza volta a una guerra totale contro l’Occidente, in primis, e all’interno dello stesso movimento islamico per rivoluzionarne le correnti più moderate e per l’istituzione di un proprio califfato.
Cose dell’altro “geo”, ma ora minaccia imprevedibile fondata su una pseudo-religione. Pseudo, sì, perché al giorno d’oggi non si può più credere di combattere – e già fare guerra è espressione di inciviltà che il nostro vocabolario non deve nemmeno lontanamente contenere – in nome di un ideale religioso. Immagini ripugnanti.