Affari Costituzionali, i Popolari fanno fuori Mauro. Lui: Purga stalinista di Renzi

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ROMA – E’ destinata ad assumere dimensioni ben più ampie l’accaduto di stamane a Palazzo Madama. 

In Commissione Affari Costituzionali, infatti, i Popolari per l’Italia hanno sostituito il loro rappresentante Mario Mauro -ex ministro della Difesa nel governo Letta – con il capogruppo Lucio Romano. Una sostituzione avvenuta a maggioranza e caldeggiata, secondo quanto si apprende, dallo stesso Pierferdinando Casini. Si tratta di una sostituzione che elimina un ostacolo per il governo sulla via delle riforme. Difatti, Mauro si era espresso favorevolmente rispetto all’ordine del giorno di Roberto Calderoli, che aveva proposto l’elezione diretta del Senato. Sin da quel giorno era iniziata a ventilare una ipotesi di sostituzione del senatore di PI.

Un ostacolo in meno ma non l’unico ostacolo. Perché ora, infatti, Corradino Mineo diventa decisivo. Il senatore ed ex direttore di RaiNews24 è in aperto dissenso con la linea del Pd. Mauro, intanto, ha convocato una conferenza stampa alle 17;30, in cui spiegherà le sue ragioni. Nel frattempo, ha già fatto sapere la sua opinione sull’accaduto. Ed è un’opinione durissima: “Sostituzione? Io userei altri termini: rimozione, purga staliniana. La riunione – afferma Mauro – è stata convocata senza che io sapessi nulla, e senza tenere in considerazione il fatto che quattro dei nostri senatori avevano dato comunicazione che non avrebbero potuto partecipare. In riunione eravamo in cinque più io. Ma si sono traditi perché già questa mattina il sottosegretario Graziano Delrio aveva comunicato ad alcuni del mio gruppo che questa era la decisione che il governo aveva preso. Non è stata una libera decisione del gruppo, ma un obbligo che muove direttamente dal premier Matteo Renzi che in pieno stile confacente ai luoghi in cui si trova ora in visita (la Cina, ndr) fa fare a distanza questa operazione di basso cabotaggio. La verità – tira le somme il senatore – è che quello che doveva essere un governo della speranza in realtà è un soviet da quattro soldi”.