9 maggio 1978, il sacrificio di Peppino Impastato

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Sono passati già 36 anni da quando Giuseppe Impastato fu ritrovato morto a Cinisi, la sua città. Peppino aveva avuto il coraggio di parlare contro la Mafia. Siciliano consapevole e attento, fin da ragazzo ha saputo prendere le distanze da quel mondo di cui pure faceva parte. Per far questo, aveva dovuto operare, caso unico tra i giornalisti, una doppia rottura: quella all’interno della società e quella della sua famiglia, una famiglia di origine mafiosa.

Durante il liceo, Peppino cominciava a entrare in politica, in particolare appoggiando l’ideologia del Partito Socialista: “Arrivai alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale”.

Giuseppe Impastato era un militante della sinistra extraparlamentare che, sin da giovanissimo, si era battuto contro la criminalità organizzata, denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. Peppino ha osato sfidare il boss Gaetano Badalamenti dai microfoni di Radio Aut e per questo è stato massacrato il 9 maggio 1978 da Cosa nostra, che ha inscenato un suicidio per depistare le indagini.

A 36 anni da quell’assassinio, Casa Memoria e il Forum Sociale Antimafia hanno un ricco programma di iniziative che si concluderanno domenica. Da Radio Aut a Radio 100 passi. Tra le mura della casa confiscata al boss Badalamenti, quel “Tano seduto” ridicolizzato dall’ironia antimafia beffarda di Peppino, sono iniziate oggi le trasmissioni di Radio 100 passi. A Cinisi, ai microfoni risalenti a ben 36 anni dopo il massacro del giornalista, si sono ritrovati il fratello Giovanni e gli amici che avevano condiviso gli anni dell’impegno civile a radio Aut, ovvero Faro Di Maggio e Salvo Vitale. “Da ora in poi chiamiamola casa 9 maggio, non diciamo più ‘ex casa Badalamenti’, facciamo sparire del tutto il nome del boss di Cosa nostra, ora siamo a casa nostra”, ecco quello cha ha chiesto Salvo Vitale, compagno di tante battaglie di Peppino che, con un’emozione, ha parlato dai microfoni di Radio 100 passi.

Radio e partecipazione politica nella vita di Peppino, tanto da cavalcare i suoi cavalli di battaglia scagliandosi apertamente contro i mafiosi locali, in vista delle elezioni comunali del 1978 a Cinisi in cui si era presentato nella fila di Democrazia Proletaria. Era proprio a pochi gironi dalle elezioni, che la notte del 9 maggio, sui binari della Palermo – Trapani, è stato fatto saltare in aria imbottito di esplosivo, inscenando così un suicidio-attentato, tesi sostenuta a lungo da inquirenti e stampa che misero in atto azioni di depistaggio. E’ stato in virtù dell’impegno e della determinazione della madre Felicia, del fratello Giovanni e degli amici a lui più vicini che negli anni successivi alla morte che è nato il centro di documentazione Impastato ed è stata varata una commissione parlamentare d’inchiesta che ha avuto modo di accertare le responsabilità del delitto. Si è potuta riabilitare la memoria di Peppino arrivando alla condanna di Gaetano Badalamenti e del sua braccio destro Vito Palazzolo.