La civiltà e la Storia vittime della barbarie umana

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Lei diceva che “vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo”. E, indubbiamente, aveva ragione. Continuare ad abbracciare il silenzio davanti a tanto orrore, chiudere gli occhi nell’attesa di un nuovo grave scempio, sottrarsi ai propri doveri: è questa la grande colpa. E allora parlare, diffondere lo sdegno, urlare la rabbia. Ma potrà cambiare qualcosa? Siamo consapevoli che tutto ciò non riporterà indietro le memorie e quei pezzi di Storia ridotti ormai a un cumulo di polvere. Assolutamente. Sappiamo che ormai è troppo tardi. Secoli e secoli di civiltà sono già stati spazzati dalla furia distruttiva dell’uomo irriconoscente e intollerante, ma ci rendiamo conto? Forse no, perché è realtà sita al di là del nostro orizzonte di vita, al limite di quella linea sottile che separa l’Occidente dal caldo Oriente. Forse no, perché è una storia che apparentemente non ci appartiene.

Un nuovo sito archeologico devastato. Distrutto. Polverizzato. Scomparso. Dopo le statue del museo di Mosul demolite a picconate, ieri è stata la volta dell’antica capitale assira di Nimrud, rasa al suolo con i bulldozer. Sconcertante. Fa male come pugnalate al petto. Non è solo questione di spiccata sensibilità, è cultura, è rispetto, è civiltà, è Storia e nessuno ha il diritto di cancellarne l’esistenza. Cosa racconteremo un domani?

Sembra così di rileggere nella cronaca di questi giorni quella stessa chiamata alla “rabbia” e all’”orgoglio”, dietro cui si nascondeva la più grande paura di quell’Oriana: l’attacco ai monumenti antichi, alle opere d’arte, ai tesori della nostra storia e della nostra cultura. Non è pessimismo. Sono i corsi e ricorsi di Vico. È l’espressione della barbarie umana che ha iniziato a muoversi da Est. È macabro pronostico di un declino umano raccapricciante e pericoloso che, a distanza di 14 anni dal Suo Libro, comincia spaventosamente a prendere forma con quello che l’UNESCO ha già definito “crimine di guerra”. 

E noi continueremo ancora a guardare da lontano lo scempio storico e umano, dopo questo secondo attentato?