ROMA – Tre anni fa, l’agenzia di rating Standard&Poor’s certificò, insieme a Fitch e Moody’s, il declassamento dell’Italia a livello quasi “spazzatura”. La causa furono i timori per la tenuta del sistema, in ragione della crisi dei debiti dei Paesi periferici dell’Eurozona.
Oggi, l’Italia cerca di rivalersi su una decisione che provocò l’acuirsi della crisi economica. Secondo quanto anticipato dal Financial Times e ripreso dal Corriere della Sera, La Corte dei Conti ha citato le tre agenzie perchè non avrebbero tenuto in considerazione, nel calcolare la ricchezza dell’Italia, l’immenso patrimonio artistico, sparso per tutto lo Stivale, e quello letterario accumulato in secoli e secoli. Ma quanto può valere tutto ciò? La Corte si è spinta anche a questo, valutando la perdita in ben 234 miliardi di euro. Una richiesta paurosa, destinata a schizzare al comando della classifica delle citazioni per danni. Nella citazione, riporta il Financial Times, la Corte dei Conti ha incluso le opere d’arte, i beni architettonici, le pellicole cinematografiche che hanno fatto la storia.
Standard & Poor’s, che ha confermato la notizia, ha definito “non seria e senza merito” la richiesta giunta dall’Italia. Moody’s l’ha definita “priva di merito”, mentre Fitch ha affermato di aver “sempre operato nel pieno rispetto della legge”. Va ricordato che, anche se non si tratta di enti pubblici, il declassamento di un Paese da parte di un’agenzia di rating porta all’innalzamento del costo del debito pubblico, cosa che in Italia poco più di due anni fa fece schizzare a 600 lo spread tra buoni italiani e bund tedeschi.