ROMA – Esclude la staffetta a Palazzo Chigi, ma fissa nel 20 febbraio il termine ultimo perché il presidente del Consiglio cambi passo al suo governo.
Dopo l’infuocata direzione nazionale di ieri, che ha visto l’intervento di Letta abbastanza osteggiato nella platea dei delegati, il sindaco di Firenze interviene e, facendo credere di non dire, in realtà dice tantissimo. “Con Enrico – afferma discutendo con il polotone di fidati dirigenti del partito – non ho calcato la mano volutamente. Ha tenuto un discorso che ha imbarazzato tanti. Ma ho preferito lasciar stare, limitandomi a dargli quindici giorni. Decida lui: o opta per un colpo d’ala o si trascina avanti in questo modo. Ma nel secondo caso il Pd non seguirà le sorti declinanti del governo”.
Due righe nettissime, chiarissime, che vanno a fare il paio con le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il quale peraltro aveva posto il termine dell’ultimatum più o meno negli stessi giorni (“se il 19 Letta si presenta a mani vuote ci appelleremo a Napolitano”). Dunque, il presidente del Consiglio pare sempre più stretto in una morsa, ad un lato della quale c’è il suo partito di appartenenza. Il Pd, nel frattempo, ha votato la proposta di riforme presentata dallo stesso segretario in direzione. E’ proprio Renzi a cinguettare sottolineando gli scenari che si stanno aprendo: “Siamo a un passo da una riforma storica: Senato, province, legge elettorale, Titolo V”, scrive, aggiungendo poi: “A me conviene votare, ma all’Italia no”.