CIMA, osservatorio da riaprire in una terra che trema

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Centro CIMA (Centro Irpino per l’Innovazione nel monitoraggio ambientale) di Sant’Angelo dei Lombardi. Una sigla che aveva aperto un percorso nuovo per la nostra terra ma che ben presto si è trasformata nell’ennesimo ente aperto e fatto funzionare per poco, prima di mettere alla porta le tante professionalità che ci lavoravano.

Un’altra eccellenza vittima dei tagli regionali, anche se da diverse interrogazioni in seno al consiglio regionale pare emergere un’altra motivazione non di ordine economico. In quell’aula sono state scandite parole di fuoco, molto spesso dalla consigliere regionale Rosa D’Amelio, ma le risposte che spesso ha ricevuto non hanno avviato nessuna soluzione concreta.

Resta l’amaro in bocca che una speranza, per un territorio come il nostro alle prese con il rischio concreto di violenti terremoti, sia stata affossata. Il centro, istituito nel 2007, doveva proprio operare nei delicati settori del rischio sismico e del rischio idrogeologico. Una sentinella importante. Una realtà per la ricerca e lo sviluppo, per l’alta formazione, per il monitoraggio e il controllo del territorio e delle attività di emergenza.

Lasciato dunque a casa anche il lavoro degli operatori, molti dei quali professionisti che vivono nei nostri paesi. Proprio il loro impegno, da subito, ha fatto percepire la sua positiva presenza. Basti ricordare il monitoraggio della diga di Conza della Campania. Un bacino strategico con oltre 7 milioni di metri cubi di acqua. Oppure, lo studio e il monitoraggio degli abitati di Bisaccia e Calitri interessati da preoccupanti movimenti franosi. E le tante iniziative di sensibilizzazione anche nelle scuole.

Putroppo, da parecchio tempo, si registra un silenzio su questo argomento e soltanto i sindaci dell’Area Pilota possono riaprire questo importante fascicolo che, se dovesse restare chiuso, potrebbe rappresentare l’ennesimo fallimento da registrare nel cuore del Cratere. Quel Cratere che dovrebbe toccare tutte le coscienze e risvegliare un orgoglio ormai narcotizzato.