Maradona contro il fisco: cinque sentenze sembrano incastrarlo – di Alessandro Bottone

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ROMA – Il fisco italiano contro Maradona. Attualmente esistono due verità ed ognuno è libero di credere all’una oppure all’altra. In realtà la verità è una: Maradona deve al fisco italiano circa quaranta milioni di euro. L’altra, quella del campione, è una pseudo-verità: “Non sono un evasore. Non ce li ho 40 milioni, non li ho neanche guadagnati”, è quanto afferma l’ex Pibe de oro durante una conferenza stampa tenuta a Roma, nella sede italiana del Parlamento europeo. Ma intanto l’evasione esiste.

Andiamo per ordine. Secondo fonti ufficiali, Maradona dovrebbe versare al fisco oltre 39 milioni di euro per un’evasione che risale al periodo tra il 1986 e il 1990. Evasione notificata nel 1991 al campione – Maradona era già all’estero – oltre che alla Società Calcio Napoli e a due giocatori brasiliani (Alemao e Careca). Il Fisco contestò la prassi per cui la società napoletana corrispondeva, oltre all’ingaggio, compensi per lo sfruttamento dei diritti d’immagine attraverso società con sede all’estero.

In realtà la cifra evasa fu di sei milioni di euro: il resto dipende da interessi di mora che si sono accumulati negli anni e che, ancora oggi, fanno aumentare la cifra. La legge di stabilità varata dal Governo Letta permette agli evasori di risolvere i loro contenziosi con il fisco pagando solo la cifra evasa e cancellando tutti gli interessi: ma il pagamento dovrebbe avvenire entro il 28 Febbraio.

Maradona si dichiara innocente, ed afferma: “So che un giorno arriverà la giustizia”. A difendere la sua posizione, oltre che alimentare le speranze dell’ex campione, è Enzo Rivellini, eurodeputato di Forza Italia. Anche lui presente alla conferenza romana, dichiara: “Tra sei settimane Diego verrà a Bruxelles (sede del Parlamento Europeo) a ritirare la risposta a due interrogazioni e all’ esposto al mediatore europeo. In quei giorni chiariremo questa storia”. Dunque l’eurodeputato berlusconiano è sicuro di risolvere la questione dimostrando l’innocenza di Maradona, e zittisce le voci di chi afferma che sia tutto un modo per fare propaganda in vista delle elezioni europee. 

La difesa, quella ufficiale, viene dall’avvocato Angelo Pisani: “Se c’è un errore siamo disposti a pagare, ma devono provarlo. Esistono due sentenze che dicono che la violazione è nulla”. Il botta e risposta tra l’argentino e l’Agenzia delle entrate ha portato alla decisione di avviare – oltre le due interrogazioni di cui ha parlato Rivellini – anche un ricorso al Garante dei diritti del Contribuente europeo ed italiano. “Io non sono mai scappato e non fuggo anzi, come ogni persona ho il diritto ed il dovere, per il rispetto degli italiani e dei miei tifosi, di difendermi da false accuse, ingiuste e strumentali” precisa Maradona, anche rattristato dalla situazione, tanto da richiamare il caso di Sophia Loren, che fu mandata in carcere per evasione fiscale (http://www.corriere.it/cronache/13_ottobre_23/sofia-loren-aveva-ragione-non-doveva-finire-carcere-evasione-fiscale-1982-3bbf29f2-3be1-11e3-ac98-5d5614d1875c.shtml).

L’ex campione, però, sostiene di non aver mai ricevuto alcuna notifica e che l’evasione di cui è accusato è solo un’ipotesi sbagliata dell’Agenzia. E cita due sentenze – una del 1992, l’altra di due anni dopo – che lo ritengono innocente. La questione è molto delicata. Infatti, nella sentenza del 1994 furono assolti solo la Società e gli altri due calciatori e non Maradona. E ciò è confermato dall’Agenzia delle Entrate che si rifà direttamente alla sentenza del tribunale giudiziario (http://download.repubblica.it/pdf/repubblica-napoli/sentenzamaradona.pdf): “La Commissione tributaria centrale non ha annullato, né dichiarato estinto, né modificato, il debito che Diego Armando Maradona ha con l’erario italiano”, fa sapere l’Agenzia.

Nello stesso comunicato (http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/68dbda804e65286a9c46fe9dcffcecdc/011_Com++st++Maradona++01+02+13.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=68dbda804e65286a9c46fe9dcffcecdc) si ricorda che il debito di Maradona è confermato dalle sentenze del 2001, del 2002, del 2005 (Cassazione), del 2012 e, infine, del 2013. Quest’ultima lo ha condannato anche alle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia Sud. “Non mi piegherò alle ingiustizie del Fisco, rispetto l’Italia e le istituzioni italiane, rispetto i contribuenti italiani e dico che in ogni Paese bisogna pagare le tasse, quelle giuste, non quelle che qualcuno s’inventa o dovute a meri errori processuali perche non ti danno la possibilità di difenderti”.