Quando il calcio è metafora di morte e foriero di violenza

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Dicono che il calcio sia lo sport più amato e seguito al mondo, una grande passione che si alimenta con le fiamme delle partite di campionato, con il calciomercato e con i match internazionali. E, in fondo, come dare torto a ciò! Ma dicono anche che con il passare del tempo sia diventato uno degli sport più pericolosi, occasione di scontri e disordini, a cui sempre più spesso si rinuncia volentieri a costo di salvare le penne. Inammissibile tutto questo.

Che si muoia anche “di calcio” ormai è una triste realtà con la quale dobbiamo fare i conti tutti i giorni, una piaga apertasi silenziosamente in una società che già fa acqua da tutte le parti. Così, al limite di ogni aspettativa si susseguono violente rappresaglie, che la fanno da padrona nei pre e post partita. Possibile che lo stadio si sia tramutato in un’arena? Possibile che ancora oggi assistiamo inermi a simili spettacoli? Dov’è finito il gioco, quella vera e sana competizione, incontro di fedi calcistiche diverse, occasione di crescita e di confronto? Evidentemente nel dimenticatoio, perché oggi il calcio è soprattutto sinonimo di violenza, di quella violenza inaudita e barbara che, forse, nemmeno gli antichi Romani solevano osannare negli incontri tra gladiatori.

Paragone a parte, andare allo stadio è diventato ormai davvero pericoloso. Così, con rassegnazione mista a rancore prendiamo atto del degrado che c’è in questo sport, dove il triste epilogo è sempre in agguato. E Ciro Esposito, con un cuore azzurro cielo e con una vita spezzata a trentuno anni per un colpo di pistola, è solo l’ultima vittima di quel mondo lugubre che si nasconde dietro le belle apparenze del pallone. Ancora più grave il fatto che quel maledetto colpo sia stato sparato proprio in occasione della finale di Coppa Italia dello scorso 3 maggio, un evento che sarebbe dovuto essere una gran festa, ma che ha seminato solo terrore e ribrezzo.

Sembrano, dunque, finiti i grandi tempi del “perché perché la domenica mi lasci sempre sola”. Ormai il grande spettacolo offerto dal calcio è solo utopia che si gusta, al sicuro, davanti alla tv.