Minacciava di morte la moglie e il figlio: lui, un giovane di vent’anni, aveva rivelato la propria omosessualità, lei aveva difeso l’orientamento sessuale del ragazzo. Con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, un uomo di Foggia è stato dunque arrestato dagli agenti della Polizia di Stato. Stando a quanto ricostruito nell’ordinanza di custodia cautelare, i litigi sarebbero insorti per futili motivi, diventando insostenibili quando il figlio ha svelato la propria omosessualità. “Tu sei gay, pubblicherò tutte le tue foto da travestito su Facebook, ti renderò la vita impossibile, io ti ammazzo, ti taglio la testa”, queste alcune delle frasi rivolte dal 57enne di Foggia al figlio ventenne contenute nel provvedimento restrittivo.
Ancora una volta sono le mura domestiche il luogo più pericoloso. Il 42% delle violenze e dei maltrattamenti contro le persone Lgbt+ avviene infatti in famiglia e ha come vittime principali i giovani, soprattutto quelli con un’età compresa tra i 13 e i 29 anni.
La storia del giovane pugliese segue lo stesso tragico schema di tante altre. Ricordiamo Carlo, 13enne torinese, che tra il 2020 e 2022 è stato umiliato dai propri genitori per il suo modo di essere. Scoperto dalla madre e dal padre a scrivere cose di sé sulle pagine di un diario segreto, quali: “Mi piace vestirmi da donna”, “Sono attratto dai ragazzi”, è stato incolpato di essere degenere, di avere un corpo schifoso e di sembrare una donna. Secondo quanto riportato, il padre di Carlo ha costretto suo figlio ad andare in palestra, a seguire un corso di boxe e finanche a frequentare un’amica. Il padre di Carlo ha spinto suo figlio a baciare la sua amica. Perché, secondo quanto raccontato da Carlo alla Procura, il padre ritiene che quello che fanno gli “Uomini veri” è “Sedurre le donne”. Ad oggi, entrambi i genitori sono accusati, il padre per maltrattamenti verso il figlio e la madre per non avergli imposto resistenza.
Le storie appena citate sono solo la punta di un iceberg gigantesco in un oceano fatto di ignoranza. Ci ricordano ancora una volta che l’arretratezza culturale domina il nostro Paese, e che ancora oggi, l’uguaglianza sociale, l’accettazione e la convivenza pacifica con quello che vediamo diverso da noi, sono ben lontani dai nostri schemi mentali.
Le reazioni dei genitori al coming out del/la figlio/a possono essere certamente diverse tra di loro, ma se negative possono arrecare dei danni, talvolta irreversibili, al benessere del figlio, andando ad inficiare il carattere, l’autostima, l’autoefficacia e qualunque decisione ottimale per la propria vita.
Cosa si nasconde dietro il rifiuto del coming out del proprio figlio?
- Stigma sociale. I genitori provano vergogna per aver cresciuto un figlio “anormale” per la società
- Auto denigrazione e/o colpevolizzazione del coniuge. Alcuni genitori credono che essere gay/lesbica sia dovuto a precise cause psicologiche e colpevolizzano sé stessi o il loro partner o altre figure esterne alla famiglia (un insegnante, gli amici) per essere stati troppo severi, critici, distaccati o al contrario, iperprotettivi e permissivi). Molti genitori soffrono perché non potranno condividere con i figli i rituali della famiglia tradizionale eterosessuale: matrimoni, nascite dei nipoti, etc. Questo aspetto è meno influente nei Paesi in cui sono presenti leggi che consentono alle persone gay e lesbiche di sposarsi e/o diventare genitori.
- Paura e preoccupazione. I timori più frequenti riguardano la discriminazione, l’emarginazione sociale o la violenza che i figli potrebbero subire a causa dell’omofobia presente nella società. In alcuni casi, i timori potrebbero essere determinati dai pregiudizi che ancora associano l’omosessualità all’impossibilità di avere relazioni stabili o al rischio maggiore di contrarre l’HIV.
- Paura di perdere il figlio/a. Il coming out produce una barriera nella relazione e spesso i genitori, per paura di una rottura relazionale, evitano domande o discussioni riguardo l’orientamento del figlio/a.
E’ necessario, dunque, che i genitori (e non solo), in situazioni come queste possano lavorare attraverso un processo di adattamento e tolleranza, avvalendosi anche del sostegno di uno psicoterapeuta formato in tematiche LGBT+, il quale può fungere come risorsa molto utile per affrontare il coming out dei figli.
Fare coming out implica accettare un’immagine di sé diversa da quella che si è avuta per anni, è un processo complesso e spesso avviene in età adolescenziale, quando ci si confronta con la necessità di fare nuove esperienze. Le figure genitoriali, a questo proposito, risultano avere un ruolo fondamentale per contrastare quello che per anni la società ha etichettato come “strano” e renderlo invece ciò che realmente già è, un processo del tutto naturale.